San Tommaso d’Aquino a San Domenico Maggiore
1) La sua presenza in convento:
– Inizia il giorno in cui, all’età 19 anni circa (si è tra il 1243 e il 1244), Tommaso chiede e ottiene l’abito dell’Ordine, il che ha luogo nella chiesa di Sant’Arcangelo a Morfisa, oggi parzialmente inglobata nella Basilica. Senonché la famiglia è contro questa scelta, ciò che induce prudentemente la comunità dell’epoca a dirottare il novizio verso l’Alta Italia, ma è fatto rapire e rinchiuso nel castello di famiglia, ove resta circa un anno.
– Fra Tommaso sarà altre due volte a San Domenico Maggiore: tra il 1259 e il 1261, anni nei quali sta scrivendo la Summa contra Gentiles, e a partire dal settembre 1272 per fondare e dirigere un centro di studi, più tardi elevato a Studio Generale o Facoltà teologica. Il corso che tiene agli studenti nel seguente anno accademico riguarda il libro dei Salmi. Il re Carlo I d’Angiò, che si è adoperato per averlo a Napoli e così ridare lustro all’Università, gli fissa come appannaggio un’oncia d’oro al mese, in quanto il suo insegnamento viene ritenuto appartenente all’Università di Stato. Tommaso profitta di questo periodo per proseguire il suo capolavoro, la Summa theologiae (che rimarrà purtroppo interrotta alla questione 90 della terza parte e cioè alle prime tematiche riguardanti il sacramento della Penitenza), e predicare in chiesa la quaresima del 1273, nel corso della quale si sofferma sui Comandamenti, il Pater Noster e l’Ave Maria. Si serve, non del latino universitario in uso nelle scuole di teologia, ma del volgare napoletano inteso dal popolo.
– Lascerà il convento agli inizi di febbraio 1274 per partecipare, in seguito a un espresso invito di papa Gregorio X, al secondo concilio di Lione. Morirà durante il viaggio di andata nell’abbazia di Fossanova, non lontano da Terracina. Le sue ossa sono conservate a Tolosa in Francia.
2) Le tracce o testimonianze lasciate dal Santo:
– Anzitutto la tavola duecentesca del Crocifisso dalla quale, se stiamo alla testimonianza di un contemporaneo, sarebbero partite le famose parole: «Hai scritto bene di me, Tommaso; che vuoi in compenso?». La tavola era allora nella chiesa romanica di Sant’Arcangelo a Morfisa, propriamente nella cappella di San Nicola. Un altorilievo del principale altare del Cappellone del Crocifisso, ove è ora una copia del dipinto, rappresenta al vivo l’avvenimento.
– Al primo piano del convento la cella che Tommaso occupò dal 1272 al 1274, in seguito adattata a cappella con relativa sacrestia. E’ qui che si conservano pure: la tavola del Crocifisso che gli parlò, l’omero sinistro del Santo (assegnato a San Domenico Maggiore dal Capitolo Generale tenuto a Tolosa nel 1372), una pagina autografa del Commento di Tommaso alle Sentenze di Pietro Lombardo. Napoli conserva pure (ma presso il reparto Manoscritti della Biblioteca Nazionale) il Commento allo Pseudo-Dionigi ripreso dal giovane Tommaso alla scuola di Alberto Magno a Colonia in Germania. Una pagina di tale Commento è conservata in uno degli archivi del convento. Nell’uscire dalla cella vera e propria è il caso di dare uno sguardo a sinistra, ove è possibile notare, appesa al muro, una delle bolle originali con la quale nel 1567 papa San Pio V nominò San Tommaso Dottore della Chiesa.
– L’aula in cui Tommaso tenne le sue lezioni. Vi si accede dal cortile antistante la facciata della basilica. A fianco della porta d’ingresso, sulla sinistra, l’iscrizione che menziona la somma assegnata al Santo dal re Carlo I d’Angiò per il suo insegnamento. Nell’aula, oggi adattata a sala di conferenze, sulla parete di fondo, un affresco secentesco con il Santo in cattedra.
– La cappella della famiglia d’Aquino (vi si passa quando si lascia la basilica e ci si dispone ad entrare nella sagrestia): a sinistra, in basso, Tommaso d’Aquino (1357), in alto, Cristoforo d’Aquino (1342); a destra, in alto, Giovanna d’Aquino (1345), in basso, Gaspare d’Aquino (1530). Autore delle tombe del primo e del secondo personaggio (due conti di Belcastro) è Tino da Camaino.